La storia rimasta in sospeso nel nostro viaggio tra i grandi del golf italiano ha un nome ben preciso: Costantino Rocca. Basta pronunciarlo per evocare immagini di colpi spettacolari, sfide epiche e un carisma che ha segnato un’era. Per chi ha vissuto il golf tra gli anni ’90 e 2000, Rocca non è stato solo un giocatore, ma un simbolo di talento, passione e speranza.
Il culmine della sua carriera arriva nel 1995, quando diventa il primo italiano a giocare la Ryder Cup, sfidando un giovanissimo Tiger Woods nella storica edizione di Oak Hill. Ma il momento che più di tutti lo ha reso leggenda si consuma nello stesso anno, sul sacro terreno di St Andrews, durante il The Open Championship. Alla 72ª buca, dopo un drive finito in un’insidiosa depressione e un approccio clamorosamente flappato, Rocca si ritrova a dover imbucare un putt da fuori green, lungo circa 20 metri, per forzare lo spareggio con John Daly. L’impossibile diventa realtà: la pallina rotola, si avvicina alla buca, rallenta… e cade dentro! Il pubblico esplode in un boato, e quel colpo entra di diritto nella storia del golf. Alla fine, la Claret Jug andrà a Daly, ma quel momento regala a Rocca l’immortalità sportiva.
Ma Costantino Rocca non è solo statistiche e highlights. È il simbolo di un golfista che ha lottato, migliorato e portato l’Italia sulla mappa del golf mondiale. Con cinque vittorie sull’European Tour, tra cui il prestigioso Volvo PGA Championship nel 1996 e con tre partecipazioni alla Ryder Cup, ha dimostrato di poter competere con i migliori. Ogni suo successo ha rappresentato un passo avanti per il golf italiano, ispirando intere generazioni.
Ancora oggi, Rocca è un punto di riferimento, un maestro per i più giovani e un’icona di umiltà e passione. Non è stato solo un grande golfista, ma un vero pioniere. Per chiunque abbia mai impugnato un ferro sognando di lasciare il segno, lui resta un modello da seguire. Giocare qualche giro in gara con lui è stato un onore.In quegli anni, tanti italiani giravano il mondo a caccia di gloria, ma solo in due sono riusciti a vincere sull’European Tour:
Massimo Scarpa, vincitore del North West of Ireland Open nel 1990 e Emanuele “Peppo” Canonica, trionfatore al Johnnie Walker Championship nel 2005. Con Massimo ho avuto il piacere di giocare molte volte. Un gran giocatore, incredibilmente dotato sul green, con una particolarità rarissima: approcciava da mancino! Un adattamento forzato, visto che aveva difficoltà a farlo da destro. Servono talento e sensibilità fuori dal comune per riuscirci.
Durante i tornei abbiamo condiviso spesso la camera in hotel e, una volta chiusa la carriera agonistica, abbiamo fatto parte per 17 anni dello staff della Nazionale Pro. Probabilmente è la persona con cui ho parlato più di golf in assoluto! Peppo, invece, è stato per anni il bomber del circuito, un talento cristallino che avrebbe potuto vincere ancora di più. Nel suo curriculum c’è anche una stagione sul PGA Tour, traguardo raggiunto da pochissimi italiani. Ancora oggi compete sul Legends Tour, ottenendo ottimi risultati. Gli manca solo una vittoria… ma chissà, potrebbe arrivare presto! Il golf italiano, fino a quel momento, aveva vissuto di grandi individualità, di talenti capaci di illuminare il panorama internazionale con imprese straordinarie. Costantino Rocca aveva aperto la strada, mostrando che anche un ragazzo partito da un piccolo circolo di provincia poteva sfidare i più grandi del mondo.
Eppure, ogni era ha bisogno di un nuovo capitolo, di un cambio di passo. Proprio quando sembrava che il nostro movimento potesse vivere di ricordi, ecco che una nuova generazione si affacciava sulla scena, portando con sé qualcosa di diverso: non più un solo fuoriclasse, ma una vera e propria scuola di campioni. Quella storia, però, merita di essere raccontata con calma…